Presentazione monografia di T. Garofalo e mostra di pittura
Casa Editrice Gangemi – Piazza S. Pantaleo, Roma
22 maggio 1996 Tonina Garofalo è nata a Cosenza, vive e lavora a Fiumefreddo Bruzio in una tranquilla abitazione in riva al mare, si è formata all’Accademia di Belle Arti di Roma ed è stata allieva di Gentilini e Maccari. Insegna Figura al Liceo Artistico Statale di Cosenza.
Come risulta evidente dalle testimonianze critiche presenti nel volume, sono state dette molte cose a proposito della sua pittura: si è parlato di postimpressionismo, di simbolismo, di pittura metafisica, di pittura di intonazione espressionista, o anche di pittura Boccioniana. Indubbiamente l’autrice ha maturato queste ed altre istanze del nostro 900 ed ha realizzato sulla tela una sintesi complessa, originale, personale e propositiva. Io tuttavia in questa sede mi limiterò a pormi di fronte ai quadri di Tonina Garofalo per capire cosa accade sulle sue tele.
La prima spontanea domanda che mi pongo guardando i suoi quadri è la seguente: “Quale nesso esiste fra il titolo e l’opera?”.
Le sue composizioni non sembrano essere né una narrazione di fatti, né una allegoria vivente dunque è difficile comprendere il nesso esistente se non per alcuni riferimenti. Alle domande che ci si può porre su “Ricchezza, potere, invidia, gelosia, fede, purezza, libertà….”, titoli questi di alcune sue composizioni, corrisponde la pacata solennità delle figure, disposte secondo calcolati rapporti reciproci, lineari e cromatici, trovando la loro giustificazione non nella logica espositiva di parole o idee, ma in quella compositiva. Il poeta simbolista Mallarmè sostiene che “La poesia è l’espressione mediante il linguaggio umano ricondotto al suo ritmo essenziale, del senso misterioso degli aspetti dell’esistenza”. Mallarmè vuole la poesia, analogamente alla musica, libera da ogni contenuto logico.
Anche la Garofalo invoca per questi quadri, la libertà di un poema musicale senza parole. Basta leggere un titolo e guardare il quadro corrispondente per capire che l’essenziale consiste in ciò che non è espresso. Il titolo è perciò solo evocativo, non vuole riassumere i termini di una ipotetica allegoria, è una meditazione che non fa più parte della tela, come scrive Gauguin “non titolo ma firma”.
Non vi sono dubbi sul fatto che la figuratività della Garofalo sia simbolica. La Garofalo cerca di superare la rappresentazione dell’oggetto esterno, per sostituirla con l’espressione del proprio io. La realtà viene trasfigurata tramite l’accentuazione di quelle linee e soprattutto quei colori che hanno accresciuto la sua reazione emotiva. La figura della Garofalo non è vincolata alla schiavitù dell’oggettivismo, elude volutamente le leggi tradizionali prospettico-volumetriche creando accordi reciproci di linee e di colori.
Le composizioni della Garofalo rendono la mobilità della vita. La figura non è mai stabile davanti a noi, ma appare e scompare incessantemente. Nessun oggetto vive isolatamente; nel suo incessante spostarsi si modifica per l’influsso di ogni altro oggetto, non solo per i riflessi dei colori, ma anche per i rapporti reciproci delle forme che si compenetrano vicendevolmente, essendo l’una complementare all’altra in totale unità.
La Garofalo spesso si serve di linee che agiscono su di noi con significato direzionale e che, collocandosi in varie posizioni, superano la loro essenza di semplice segmento e diventano forza centrifuga mentre oggetti e colori si sospingono in una serie di contrasti simultanei, determinando la resa del dinamismo universale. Come scrive Cesare Vivaldi in una delle testimonianze critiche di questo volume “Il quadro esce dai confini ristretti della tela dipinta, rimane pur sempre tela dipinta: una superficie sulla quale si determinano eventi destinati a travalicarla, ma senza la quale nulla potrebbe accadere “. Il quadro estende la propria energia spaziale a tutto l’ambiente nel quale è posto, inglobandovi lo spettatore e chiamandolo a reagire alle sue sollecitazioni.
E’ continuo e reciproco il passaggio dal conscio all’inconscio, dal reale all’immaginario, dal quadro allo spettatore; per questo la pittura di Tonina Garofalo sembra essere una trasfigurazione fantastica della realtà e talvolta anche dello stesso sogno.
Osservando i suoi quadri ci si sente coinvolti in un discorso complesso quanto affascinante, che ha come filo conduttore un discreto ma insistente richiamo alla sfera naturale in cui l’uomo vive, alla coesistenza fra uomo e natura.
Il quadro è il punto di incontro fra la sfera psichica e quella fisica della pittrice.